ECONOMIA &LAVORO

 
 
 

Imprese & Ripresa

 
HOME DEL DOSSIER

Gli articoli

Strategie dei manager «Delocalizzare? Sì, a Brescia»

di Franco Vergnano

Pagina: 1 2 di 2 pagina successiva
commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
7 ottobre 2009

La sua scrivania è sempre ordinata. Cosa rara per i manager del made in Italy, esclusi l'avvocato Giovanni Agnelli ed Enrico Cuccia. Così, quando il secondo lunedì di gennaio arriva il clean desk day - la giornata che i dirigenti americani hanno dedicato alle scrivanie pulite - Ettore Batisti non ha nulla di riordinare. L'amministratore delegato della Pama di Rovereto (Trento) ha imparato il mestiere in Germania dove «tutti sono molto precisi, meno agitati e trascorrono in azienda anche meno tempo di noi».

Sarà forse per questa "quadratura" mentale che Batisti fronteggia la crisi con successo in un settore dove gli ordini sono crollati del 50 per cento. E che, quando si è presentata l'occasione di ampliare lo stabilimento trentino, ha deciso di farne uno nuovo di zecca nel distretto di Brescia: «Un manager deve saper decidere , questo lo caratterizza. A volte sapendo anche di andare controcorrente». E i risultati - visto appunto come la sua azienda sta superando la più grave recessione degli ultimi sessant'anni – sembrano dargli ragione. A fine anno la Pama fatturerà 160 milioni di euro, con una crescita del 30% sul 2008. Questo il profilo di Batisti, un manager di lungo corso, con una significativa esperienza all'estero e una formazione italiana: un mix che gli consente di piazzare sui mercati stranieri ben otto macchine su dieci.
Quando si chiede a Batisti di raccontare il segreto del suo successo, risponde subito: «Sono tre: lavoro, lavoro, lavoro».

Ma conta anche l'esperienza. Dopo aver lavorato a lungo in Germania, Batisti ritorna in Italia. Qui si presenta un'occasione da cogliere al volo. Grazie all'ottima conoscenza della lingua tedesca e all'esperienza maturata sui mercati europei delle macchine utensili, il manager viene selezionato da un cacciatore di teste per guidare come amministratore delegato la Gildemeister italiana a Brembate di Sopra (Bergamo). In poco tempo le performance raggiunte dal manager italiano sono così buone che riesce a portare la società a Piazza Affari, all'inizio degli anni 90: «Siamo stati la seconda azienda a fare con successo questa operazione. Prima di noi c'era riuscita solo la Comau della Fiat, l'apripista della robotica quotata, con i titoli entrati in contrattazione a Piazza Affari il 23 giugno del 1986».

L'azienda bergamasca rimarrà alla Borsa italiana per parecchi anni, con un discreto andamento del titolo, facendo anche un po' di shopping (ad esempio un nome storico come la Graziano di Tortona, in provincia di Alessandria). «Così buono - racconta con un pizzico di rimpianto Batisti – che alla fine del 2001 i tedeschi decisero di fare il delisting con un vero e proprio hostile takeover che dava alla società un valore equivalente al suo giro d'affari annuo. Un record per l'epoca e per il settore delle macchine utensili. Mi ricordo ancora l'ultimo giorno di quotazione: era il 19 luglio 2002». In quel periodo, i rappresentanti dell'industria robotica italiana quotati in Borsa erano arrivati a sfiorare la mezza dozzina: oltre a Gildemeister italiana c'erano infatti Comau, Idra presse, Prima Industrie e Fidia.

Così, rimasto disoccupato, Batisti pensa di prendersi qualche soddisfazione. L'occasione si presenta con la Pama di Rovereto: «Un'azienda - racconta il manager – con un bel marchio che, negli ultimi tempi, aveva perso un po' della sua spinta propulsiva». Arrivato nel Trentino, Batisti si guarda intorno e mette a punto un ambizioso piano industriale che però, inizialmente, fatica a decollare: «Grazie alle mie precedenti esperienze, sia all'estero sia nella Bergamasca, mi sono reso conto che non esisteva un'economia di sistema, come direbbero i cattedratici. Nel senso che a Rovereto non è sufficientemente diffuso il Dna del settore. In altre parole non c'è cultura industriale meccanica».

Siccome però le innovazioni portate sul versante commerciale cominciano a dare i loro frutti, Batisti convince il consiglio di amministrazione della Pama (che all'epoca fatturava appena una ventina di milioni di euro, oltre la metà indirizzata sui mercati esteri) a fare un passo che poteva sembrare azzardato, anche solo per ragioni logistiche e che è invece risultato vincente: «Abbiamo deciso – racconta oggi con un certo orgoglio Batisti – di cominciare a lavorare nel Bresciano perché era l'unica condizione per riuscire a vincere la scommessa della crescita in modo da attrezzarci ad affrontare la crisi. Alla Pama di Rovereto non esistevano fornitori adatti, non c'era la mentalità giusta, mancavano risorse umane adeguate e preparate per fare prodotti sofisticati come quelli che avevamo in mente».

A piccoli passi inizia quindi la migrazione nell'area del sistema bresciano che Batisti definisce la «regina della meccanica industriale italiana». I risultati non si fanno attendere: il capannone iniziale (tremila metri quadrati) presenta ottime performance. Batisti non ci pensa nemmeno ad alzare il piede dall'acceleratore e così arriva anche il secondo impianto, ma questa volta con una superficie raddoppiata rispetto al primo: da un centinaio di addetti oggi la Pama è arrivata ad averne 360.

  CONTINUA ...»

7 ottobre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina: 1 2 di 2 pagina successiva
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-